Aspetti Ambientali del Riutilizzo delle Acque Reflue

La pratica del riutilizzo delle acque reflue è una realtà consolidata nei Paesi a clima caldo arido o semi-arido; questa tipologia di acque rappresenta una risorsa a cui non si può rinunciare. A livello mondiale, circa il 70% dell’acqua prelevata dai corsi d’acqua, dai laghi e falde freatiche viene utilizzata per l’irrigazione in agricoltura; in Italia la stima si aggira attorno al 60% del consumo totale. Il restante 30% dell’acqua dolce viene utilizzata a scopi domestici e industriali.

L’utilizzo dell’acqua varia in funzione della sua qualità e della situazione socio economica delle regioni interessate. Gli impieghi industriali dell’acqua, nei paesi ad alto reddito, sono prevalenti rispetto agli altri utilizzi. Il riutilizzo rappresenta un’importante risorsa in molte aree del mondo ed aumenta in modo significativo; soprattutto nelle aree con clima asciutto e con disponibilità idrica interna rinnovabile inferiore a 1.700 mc/abitante/anno, definito come il valore di soglia. Sotto tale valore la maggior parte dei paesi risulta in condizioni di stress idrico.

In Europa, gli ultimi decenni hanno evidenziato un crescente sistema di “water stress”: indicatore relativo alla disponibilità d’acqua; infatti questo è dato dal rapporto tra la quantità di acqua prelevata e le risorse rinnovabili di acqua fresca. Elevati valori di “water stress” dipendono dalla scarsità d’acqua e dalla riduzione della sua qualità.

Per valori inferiori al 10%, l’indice di stress idrico è considerato basso; mentre valori compresi tra il 10 e il 20% indicano che la disponibilità d’acqua sta diminuendo; in tal caso sono necessari investimenti per assicurare adeguati rifornimenti d’acqua. Sopra del 20% l’indice di water stress segnala la necessità di opere di ampia portata; la gestione è diretta a bilanciare la domanda d’acqua con l’offerta. Gli interventi sono peraltro volti a risolvere i conflitti tra utilizzi in competizione.

Decreto Ministeriale n°185/2003

Il D.M. n°185/2003 aveva stabilito le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane e industriali, in attuazione dell’art.26, comma 2, D.Lgs. n°152/1999; quest’ultimo recava disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento; recepiva la direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue e urbane e la direttiva 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

In seguito il Decreto Legislativo n°152/2006 “testo unico ambientale” ha attribuito al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio il compito di stabilire le norme tecniche relative al riutilizzo delle acque reflue: infatti il Decreto Ministeriale 02/05/2006, “Norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue”, ricalca fedelmente la precedente normativa.

Anche se il testo unico ambientale ha abrogato il Decreto Legislativo n°152/1999, il D.M. n°185/2003 rimane lo strumento normativo attualmente in vigore nell’ambito della disciplina tecnica per il riutilizzo delle acque reflue, per effetto della norma transitoria dell’art. 170 comma 3, lettera b), Decreto Legislativo n°152/2006 e s.m.i.

Altre norme riguardanti il riutilizzo sono contenute nello stesso decreto legislativo 3 aprile 2006, n°152, come l’articolo 101, comma 10, il quale riporta: “Le autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima di fanghi di depurazione. Inoltre vi è la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostante ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità”.

Norme per il riutilizzo delle acque reflue

 

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